domenica 15 luglio 2012

Il principio di tutto - Trama: Wicked Nights

*Ricordava bene cos’era successo quel giorno. Il dolore, la paura, il terrore di quando si era svegliata. Le mani erano insanguinate, il corpo paralizzato sul letto che per tanti anni aveva accolto i suoi sogni, districato le sue paure dal mostro sotto ad esso. Un luogo sicuro, accudito dai genitori che riposavano ogni notte nella stanza accanto alla sua. Il corpo era bloccato, un velo di sudore lo ricopriva. Ricordava di averlo sognato: era bello, tanto bello. E una strana sensazione l’aveva colta dentro al suo sogno, ma non ci aveva fatto caso. E ora…le mani, oh le mani! Erano ricoperte di un liquido appiccicoso. Era forse morta e non se n’era accorta? Il viso, gli occhi, le labbra. Una strana sensazione cominciò a serpeggiare lungo la sua spina dorsale, mentre sentiva i muscoli della faccia distendersi in un’espressione puramente terrorizzata e il corpo teso. Un grido strozzato le uscì dalla gola. Non riusciva a muoversi, sentiva le palpebre dei suoi occhi, gonfie, pulsanti. Il dolore che sentiva in quel momento non l’aveva mai provato in tutta la sua vita. Mai! Dei passi risuonarono lungo il corridoio che portava alla sua stanza.* 
“Tesoro? Cosa c’è?”
*La voce di sua madre era preoccupata, certo, ma quando accese la luce e la vide distesa nel suo letto, la sua espressione si trasformò in paura nel suo stato più primitivo.*
“Annabelle! Cos’ è successo? I tuoi occhi!” 
*Ricordava bene il viso di lei. La sua espressione preoccupata. L’intonazione della voce, un po’ ansimante. Probabilmente i suoi gemiti di dolore e di paura, avevano attirato sua madre nella sua camera. Non ne era certa. Poco dopo entrò anche suo padre. Stessa scena. Prima stupore, poi il terrore. Una ragazza della sua età non avrebbe mai dovuto provare quelle sensazioni, eppure, in quel momento, in quell’istante così, distesa nel suo letto immobile, con solo il dolore ad occuparle la mente non riusciva a pensare ad altro.*
“All’ospedale! Andiamo immediatamente in ospedale!”
*Le parole di suo padre uscirono dalla bocca quasi urlate. Si svolse tutto in poco tempo. La sollevarono, tra i suoi gemiti di sofferenza, per poi trasportarla sul loro SUV. Era sdraiata dietro, con il corpo dolorante. Gli occhi le bruciavano. Sembrava li avesse lavati con dell’acido. La macchina non partì mai. Qualcosa fermò la loro partenza. Qualcosa di grosso, di inspiegabilmente orrendo. L’incubo era cominciato e lei rimaneva immobile, più terrorizzata che mai mentre tutto intorno a lei si svolgeva senza che potesse fare nulla. Una creatura che si poteva trovare solo nei migliori libri dell’orrore, si ergeva davanti alla loro macchina. La sua pelle aveva una strana sfumature cremisi, liscia e tesa come il vetro. Gli arti, gli artigli che componevano le sue mani, erano sporche di sangue. Sangue presente anche sulla punta della sua coda. Una coda, per l’amore del cielo! Era terrificante. La sua coda cadeva a terra e strisciava sul terreno liscio, quasi a volerlo accarezzare, in una posa rilassata. Non riusciva a vedere bene i suoi occhi, non ancora. Tutto era collegato a lui, quel pensiero si affacciò nella sua mente e non riusciva a spiegarsi il motivo, ma sapeva che quella era la verità. Ciò che stava accadendo veramente.*
“Lasciali andare”
*rantolò dalla sua posizione, riferendosi ai suoi genitori. Gli occhi color rubino si posarono su di lei. Suo padre cadde a terra. SI portò le mani alla gola, alla bocca, come a cercare l’aria ma non riuscendo a trovarla. Ricordava bene lo strillo di sua madre, che correva verso il marito per aiutarlo, piangendo lacrime che scorrevano lungo le sue guance.*
“Ti prego. Ti prego”
*La voce ormai faceva fatica ad uscire. Un nuovo dolore ora le avvolgeva la mente e il corpo. Forse anche più forte di quello fisico. Sarebbero morti. Entrambi. E tutto questo per causa sua, ne era certa.*
“Mi piace il modo in cui preghi, femmina”
*La voce della bestia davanti a loro era ancora più spaventosa del suo aspetto. Veniva direttamente dall’inferno, stridente e fastidiosa alle sue orecchie. Brividi che ora sembravano familiari al suo piccolo corpo, l’avvolsero.*
“Vai via, Annabelle! Corri!”
*Non ce la fece a correre via. Rimase lì, ferma di fronte a quella creatura orrenda, guardandola con tanto d’occhi, il corpo scosso.*
“Non sta succedendo. Non è possibile.” 
*Le parole le uscirono quasi senza che lei se ne accorgesse. Ricordava bene come li aveva uccisi. I suoi genitori, i suoi amati mamma e papà uccisi da un mostro! Si avvicinò a lei, allungandosi verso il suo viso per baciarla. Un bacio? Il respiro della creatura si mischiava col suo. E lei piangeva, senza poter fare nulla.*
“Tutto questo sarà divertente” 
*le disse un momento dopo, prima di sparire in un attimo. Ancora una volta, lei rimase ferma sul posto. Immobile. Solo la sua mente era in movimento. Il suo corpo non rispondeva ai comandi, troppo terrorizzato da ciò che era appena accaduto. Non ricordava quanto tempo passò, ma realizzò che sarebbe stata incolpata lei per gli omicidi dei suoi genitori. Aveva le mani sporche di sangue e la creatura l’aveva vista solo lei. Corse verso casa. Aveva bisogno di un telefono. Doveva chiamare la polizia. Il fratello dormiva ancora, placidamente nel suo letto. E lei lo vegliò, troppo preoccupata che potesse accadere la stessa cosa anche a lui.
I poliziotti arrivarono poco dopo.
Ricordava bene il modo in cui la guardarono.
Ricordava bene di essere stata dichiarata colpevole per la morte dei suoi genitori.*

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